Ecco come l’intelligenza artificiale di DeepMind ha insegnato a due robot umanoidi a giocare a calcio in modo autonomo.
Nel campo della robotica e dell’intelligenza artificiale, una nuova pietra miliare è stata raggiunta: due robot umanoidi sviluppati da Robotis e controllati dall’intelligenza artificiale DeepMind di Google sono stati in grado di giocare a calcio uno contro uno.
Il progetto, noto come OP3 Soccer, è frutto del lavoro di un team di ingegneri informatici e robotici del laboratorio londinese di Google.
Come i robot hanno imparato a giocare a calcio?
L’addestramento dei robot, come riportato da Corrierenerd.it, si è svolto in due fasi principali. Nella prima fase, i robot si sono allenati in un ambiente virtuale.
Questo ambiente simulato ha permesso loro di apprendere i movimenti di base del calcio, come correre, dribblare, tirare e parare.
Nella seconda fase, i robot sono stati trasferiti in un campo reale. Questo passaggio è stato cruciale, poiché ha richiesto ai robot di adattare le abilità apprese nel mondo virtuale alle condizioni del mondo fisico.
In questo contesto, fattori come l’attrito del terreno, l’irregolarità della superficie e l’interazione con l’ambiente circostante hanno reso l’apprendimento più complesso e impegnativo.
Nonostante queste difficoltà, i robot sono riusciti a giocare partite complete, dimostrando di aver compreso le regole del gioco e di essere capaci di adattarsi alle nuove condizioni.
Il potenziale dell’apprendimento per rinforzo
Il progetto OP3 Soccer mette in luce il potenziale dell’apprendimento per rinforzo per insegnare alle macchine compiti complessi. Questa metodologia potrebbe avere applicazioni ben oltre il mondo del calcio robotico.
Nella robotica industriale, ad esempio, macchine in grado di apprendere autonomamente potrebbero ottimizzare i processi di produzione, migliorando efficienza e precisione.
Nel campo della chirurgia robotica, robot dotati di intelligenza artificiale avanzata potrebbero eseguire interventi con una precisione mai vista prima, riducendo i rischi per i pazienti.
Anche la guida autonoma potrebbe beneficiare di queste tecnologie, con veicoli in grado di adattarsi a condizioni stradali impreviste e migliorare continuamente le proprie performance.